E’ il termine che l’antropologo canadese Kalervo Oberg diede al malessere che può sopraggiungere in coloro che- per varie ragioni- si trasferiscono all’estero.
Egli individuò quattro fasi distinte nel decorso di tale disagio: fase della “luna di miele”, periodo di “crisi”, fase di “recupero” e fase di “adattamento”.
… in fondo alle gambe non abbiamo radici, ma piedi: piedi di cui ci serviamo dall’alba dei tempi per il colossale viaggio che impegna l’umanità fin da quando ha mosso i primi, timidi passi sul suolo.
Non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio.
Allora sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi, dove ci sono muri e sbarramenti, per voi apertori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri a ogni costo, atleti della parola pace.” (Erri De Luca)
“Posso trovare un modo per vivere bene ovunque, perchè la qualità della mia vita dipende dalla qualità dei miei pensieri. Io sono la mia casa.” (C.Cavalli)
E’ sempre una necessità a spingerci a lasciare il nostro paese – fosse anche solo il bisogno di rispondere a una curiosità che crea un vuoto dentro di noi. Emigrare è entusiasmo, desiderio, volontà di fare di più, di andare oltre. Ma è anche sacrificio.
La scelta di emigrare implica la disponibilità a lasciarsi toccare, e a volte colpire nel profondo, da un’infinità di sentimenti che prima o poi dovrai imparare a gestire.
“Decidere di partire,lasciandosi alle spalle ogni tipo di certezza, non è cosa semplice,almeno dal punto di vista emotivo. Significa tagliare il cordone ombelicale che ci ha legato,fino a quel momento,alle nostre radici.”
“La mia identità, il mio senso di appartenenza sono in continuo movimento. Provo ancora nostalgia per il mondo che mi sono lasciata alle spalle, ma non riesco più a voltarmi indietro.”
Una delle prime difficoltà incontrate da chi si trasferisce all’estero è costituita dalla barriera linguistica.
Dover affrontare un colloquio per trovare casa, per reperire il lavoro, per adempiere ai tanti atti burocratici necessari nei primissimi tempi del trasferimento, può divenire frustrante e scoraggiare gli expat.
In questa prima fase sarebbe opportuno farsi aiutare da un connazionale che vive da più tempo sul territorio e conosce sia la lingua che le procedure burocratiche da adempiere.
Una sorta di “mediatore culturale” che non solo farà da interprete ma soprattutto aiuterà e supporterà la persona in questa prima,delicata fase del trasferimento.
Comunque l’apprendimento della lingua rimane un passo imprescindibile per una soddisfacente integrazione nel nuovo sistema culturale e territoriale, contribuendo a ridurre il senso di estraneità nei confronti del nuovo paese.Continue reading “La barriera linguistica”→
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