Vivere all’estero – Lo shock culturale
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Shock culturale é il termine che l’antropologo canadese Kalervo Oberg diede al malessere che può sopraggiungere in coloro che, per varie ragioni, decidono di andare a vivere all’estero.
Secondo questo studioso lo stato di shock culturale sopraggiunge quando si vien sopraffatti dall’ansia in seguito alla perdita dei comuni punti di riferimento nelle relazioni interpersonali, nella sfera comunicativa e negli atteggiamenti che la persona è solita assumere nelle situazioni della quotidianità.
Confusione, ansia, smarrimento e disorientamento sono i più comuni sentimenti che una persona prova a causa di un improvviso cambiamento dello stile di vita dovuto al trasferimento in un ambiente sociale e culturale differente.
L’individuo può trovare difficoltà nel decidere quando e se compiere gesti comuni quali stringere la mano, chiedere un consiglio, fissare un appuntamento, accettare o meno un invito, prendere sul serio o meno un’affermazione o in che modo reagire ad altre situazioni simili che, in un contesto culturale familiare, risulterebbero facilmente superabili.
Lo psicologo Paul Pedersen, definisce lo shock culturale come quel processo di adattamento di una persona a un ambiente non familiare e l’impatto psicologico, comportamentale, emotivo, fisiologico e cognitivo che questo ha su di essa.
Lo stesso Perdersen specifica che lo shock si verifica quando la persona si immerge in uno stato di incertezza dove essa non sa cosa aspettarsi da se stessa né dalle persone che la circondano.
Vivere all’estero: le fasi dello shock culturale
Kalervo Oberg individuò quattro fasi distinte nel decorso di tale disagio: fase della “luna di miele”, periodo di “crisi”, fase di “recupero” e fase di “adattamento”.
Fase della luna di miele
Questa fase é tipica dei primi tempi dopo il trasferimento. In questo periodo tutto é bello, nuovo ed eccitante.
Il trasferimento appare come la migliore delle scelte. Si assaggiano cibi nuovi, si visitano città, monumenti e luoghi nuovi.
Può esserci la tendenza ad idealizzare il nuovo paese dove si vive.
Questo periodo di solito dura alcuni mesi.
Fase della “Crisi”
In questa fase diminuisce l’idealizzazione e si inizia a guardare alla nuova situazione in modo più realistico.
Le differenze nello stile di vita cominciano a farsi sentire.
Inoltre, in questa seconda fase subentra anche la nostalgia per la casa, per i propri luoghi, per il cibo, per il clima.
Si percepisce la fatica di non comprendere a fondo la nuova lingua, così come il disagio di non potersi esprimere come si vorrebbe nella lingua del posto.
Si cercano connazionali per poter sentire parlare il proprio idioma.
In questa fase é normale sentirsi tristi, arrabbiati o confusi.
Può sopraggiungere uno stato di tristezza, ansia e nostalgia.
Fase del “Recupero”
L’individuo inizia ad accettare gli usi e i costumi della nuova cultura assumendo un atteggiamento positivo nei suoi confronti.
Possono persistere ancora alcune difficoltà.
Si comincia a sentirsi più a casa propria, e più a proprio agio con la nuova cultura.
Fase dell'”adattamento”
In questa fase la persona si sente a proprio agio all’interno della nuova cultura, della quale accetta serenamente gli usi e costumi.
Inizia inoltre a godere di alcuni aspetti di essa, come per esempio il cibo, le usanze e tradizioni, le festività.
Le rare situazioni spiacevoli vengono affrontate senza ansia e con maggiore senso di efficacia.
Vivere all’estero:
i sintomi dello shock culturale
I sintomi più comuni dello shock culturale comprendono:
- Tristezza, pianto, apatia, umore depresso
- Ansia, preoccupazione eccessive e ricorrenti
- Irritabilità, frustrazione,
- disturbi del sonno e dell’alimentazione
- disorientamento
- mal di testa, dolori gastrici e altri disturbi psicosomatici
Non tutti i sintomi sono presenti in uno stesso individuo: persone diverse possono manifestare uno o più sintomi tra quelli elencati, ma l’elenco non è esaustivo.
Vivere all’estero: come superare lo shock culturale
Ecco ora alcuni consigli per far fronte al disagio conseguente al vivere all’estero.
Puoi mettere in pratica i suggerimenti che senti più consoni al tuo modo di essere, alla tua personalità.
Programma di uscire
Durante il fine settimana per conoscere la città, i dintorni ed i posti più caratteristici del luogo dove vivi.
In particolare trascorrere del tempo immersi nella natura ha un effetto calmante e rigenerante sulla mente.
Iscriviti ad un corso
Non solo di lingua- ma anche qualsiasi altro hobby coltivato prima di trasferirti o che ti sarebbe piaciuto imparare ma non hai mai avuto tempo.
Sarà un ottimo modo anche per conoscere persone nuove e cominciare a crearsi una rete di legami.
Usa i social
Per conoscere persone tramite i gruppi della città in cui ti sei trasferito; potrai poi conoscere dal vivo queste persone partecipando agli eventi organizzati dai gruppi.
Iscriviti ad una palestra
Oppure ad una disciplina sportiva che ti piace: è un ottimo modo di fare nuove amicizie e socializzare.
Invita a cena
Durante il fine settimana programma di invitare a cena colleghi di lavoro: conoscerai persone nuove e stringerai legami che ti faranno sentire meno solo.
Barattolo della gratitudine
Prendi un barattolo di vetro con il coperchio (benissimo quelli usati in cucina) e un blocchetto di foglietti colorati (ma vanno bene anche quelli bianchi).
La sera scrivi su un foglio una parola o una frase che esprima la tua gratitudine per qualcosa che è successo durante il giorno.
Questo esercizio ti aiuterà a ricordare che le nostre giornate sono piene di cose per cui essere grato.
Spesso, presi dalla frenesia dei nostri impegni quotidiani, ci lasciamo sfuggire la bellezza che c’è nella vita.
Il barattolo serve a ricordarcelo
Ricordarsi che é normale
Tutti coloro che si trasferiscono all’estero sperimentano la fase dello shock culturale, ma questo non significa che c’é qualcosa di sbagliato in te. E’ parte dell’esperienza.
Portare con sé un angolo di casa
Arredate la nuova abitazione con qualcosa che vi faccia sentire a casa anche nella vostra nuova dimora.
Questo influenzerà positivamente il vostro umore, specialmente nei momenti in cui potreste essere colti da un po’ di nostalgia.
Avere la mente aperta
E’ il modo migliore per limitare l’effetto dello shock culturale.
Provate cibi che non potreste mai trovare a casa, o nuove attività e non rifiutate mai un invito.
In questo modo non soltanto costruirete nuovi legami di amicizia ma farete anche nuove esperienze.
Questo è un ottimo esercizio anche per scoprire molte più cose sulle altre culture e su voi stessi.
Fissare nuovi obiettivi
Che sia l’imparare un nuovo sport, o suonare un nuovo strumento musicale, questo vi aiuterà a tenere la mente occupata il più possibile.
Così facendo non ci sarà tempo per i rimugini.
Evitate di parlare della vostra difficoltà
Non assillate familiari, amici, e conoscenti parlando sempre e solo della vostra difficoltà di adattamento.
Ciò non farà altro che amplificare le emozioni negative che state vivendo.
Concedersi del tempo
Ci saranno cose che non capirai, errori che commetterai, ma non per questo devi buttarti giù.
Ricordati che gli errori aiutano ad imparare.
Non essere perfezionista e non chiedere troppo a te stesso.
Il traguardo si raggiunge facendo un passo alla volta e cambiando le scelte fatte che non ti soddisfano più.
Mantieni i contatti
Con la famiglia ed i vecchi amici: ti aiuterà a contenere gli effetti del vivere all’estero.
Hai sperimentato anche tu uno o più sintomi dello shock culturale che si manifestano quando si fa l’esperienza di vivere all’estero?
Come sei riuscito a superarlo?
Se lo desideri condividi la tua esperienza lasciando un commento qui sotto.
12 Comments
Teresa
Salve dottoressa.. io vivo in Germania da un anno. Ho seguito l’amore. Non ho mai amato in generale la Germania. Mi rivedo in tutto ciò che ho letto in questo articolo. Il mio problema principale è che nonostante io abbia frequentato un corso di lingua non riesco ad impararla. Ho 30 anni, forse fatico di più non lo so ma questo nn mi aiuta. Mi sento molto impedita e vivo continuamente sotto ansia e angoscia… e ahimé voglia di tornare a casa. Pensavo fosse passeggera questa fase, ma ormai è un anno e non è cambiato nulla. Sono disperata. Buona giornata.
marina arrivas
Cara Teresa,ogni espatrio é un’esperienza unica poichè diverse sono le dinamiche che vengono attivate. Dal suo racconto mi sembra di capire che si trova in una fase di confusione e frustrazione rispetto alla scelta fatta. Da un lato c’è una relazione affettiva importante che é stata la ragione del suo trasferimento all’estero e dall’altra c’è la nostalgia e il desiderio di rientrare in Italia . Se ha dato un’occhiata al mio sito avrà visto che c’é la possibilità di usufruire di una consulenza gratuita. Talvolta é sufficiente a chiarirsi le idee sul da farsi, altrevolte no ed é necessario concedersi un tempo di riflessione più lungo,per capire a fondo le motivazioni di questo suo stato di insoddisfazione e ritrovare la serenità. Se lo desidera può contattarmi per fissare la consulenza gratuita.
Buona vita
Daniele
Salve dottoressa. Io sono un siciliano e da 8 anni vivo a Londra. Sono qui per motivi lavorativi e non mi lamento del lavoto. La lingua non è stato un grande problema a parte i primi mesi e poi ci ho fatto l’orecchio poi avevo delle buone basi grazie alla scuola in Italia. Comunque io ho attraversato le fasi nell’ordine come da lei descritto ma non sono mai riuscito ad arrivare all’ultima fase: l’Adattamento. Anzi da qualche anno a questa parte, sto ritornando alla fase 2, quella critica e non riesco a venirne a capo. Quest’anno a causa del virus la mia situazione psicologica e la voglia di andarmene da qui è fortemente peggiorata. Tra i sintomi dello shock da lei elencati, mi riconosco in alcuni. Grazie.
marina arrivas
Caro Daniele, nel percorso di integrazione all’estero ci possono essere dei momenti di retrocessione rispetto alle varie fasi descritte nel mio articolo. Tuttavia,dalle sue parole mi sembre di cogliere una difficoltà importante, che non la fa essere sereno, pur negli alti e bassi del processo. Se la sua sensazione é quella di “stallo” o addirittura di ritorno ad una fase 2 dopo otto ani di permanenza,probabilmente c’è qualche aspetto della sua storia migratoria che le impedisce di adattarsi come vorrebbe.Se lo desidera le offro la possibilità di effettuare una consulenza gratuita per provare a riflettere assieme e capire cosa cambiare per stare meglio.Talvolta una sola consulenza aiuta a guardare con maggiore chiarezza dentro di sè, altre volte invece occorre effettuare un percorso più lungo per ritrovare la serenità.
Buona vita!
Talia
Ci sono cose che nn supereremo mai ed altre ke invece possono solo fortificarci come vivere lontano dzlle proprie origini e capire quanto puo’ essere grande il nostro essere e quali sono i nostri limiti.
marina arrivas
Cara Talia, concordo con lei nel ritenere che la nostalgia per i nostri luoghi “del cuore”, per le nostre radici, rimane sempre, anche quando ci si sente ben inseriti in una paese straniero. Questi stati d’animo non devono spaventarci se non sono tali da impedirci di vivere serenamente. Talvolta la nostalgia ci coglie alla sprovvista, quando meno ce l’aspettiamo. Che fare? Occorre semplicemnete accoglierla,accettarla come una parte di noi che ci accompagnerà sempre. Se c’é stata una buona integrazione all’estero, con il passare del tempo la nostalgia si ridurrà ma spesso non scomparirà mai del tutto.
Grazie per la sua riflessione!
Michaela
Io vivo periodicamente lo shock del trasferimento, mi spiego meglio, mi sono trasferita 6 anni fa in Olanda e all’inizio sembrava tutto bellissimo, ma presto il clima freddo e la “freddezza” dei nordici ha iniziato a pesarmi, ero inoltre molto sola, avevo una bambina piccola e non lavoravo. Con il tempo ho iniziato ad apprezzare lo stile di vita, il cibo ed ho iniziato ad abituarmi al clima piovoso e freddo Ogni anno però, soprattutto dopo le vacanze e stive ho un crollo e nel mese do ottobre e novembre sono spesso triste e affranta… poi mi riprendo, ma quei mesi sono davvero tosti.
Comunque è la vita che ho scelto quindi cerco di vedere sempre gli aspetti positivi.
Grazie per questo articolo!
marina arrivas
Cara Michaela, nella mia esperienza con expat il suo vissuto di “crollo” post vacanze é un fenomeno assolutamente frequente e riferito da molte persone.
L’esperienza migratoria comporta – per chi la vive- il ripetersi di separazioni e ricongiungimenti (da affetti, luoghi,…). Queste separazioni ricorrenti richiedono per essere “metabolizzate” quello che gli psicologi chiamano “l’elaborazione del lutto”. La tristezza, la nostalgia, sono espressioni di quel processo di elaborazione che occorre compiere ogni volta che si rientra dopo essere stati nel proprio paese di origine.
La ringrazio per aver voluto condividere con me questa sua esperienza!
Buona vita!
Bianca
Buonasera,
Io mi ritrovo molto nel suo articolo.
É il secondo anno che vivo in Belgio per questioni di studio. Ho vissuto precedentemente anche in Germania.
Il sintomo più forte in entrambi le esperienze é stato un mal di testa continuo difficile ad andarsene via, di cui non avevo mai sofferto e che ogni volta che torno in Italia é inesistente.
Chissà magari lei può aiutarmi a capire cosa poter fare per far fronte al problema e superare magari questo possibile shock culturale liberandomi di conseguenza anche del mal di testa,
La ringrazio
marina arrivas
Cara Bianca, é sempre difficile aiutare senza conoscere la persona e la sua storia. Sicuramente quel mal di testa che l’accompagna da diverso tempo, e che sparisce quando rientra in Italia, può essere considerato come un messaggio che qualcosa va cambiato nella vita che conduce. La nostra psiche trova sempre il modo di emergere quando ci dimentichiamo di ascoltarla. Provi a guardare dentro di sè per capire cosa della sua scelta migratoria non rispone in pieno ai suoi desideri. Se lo desidera può prenotare una prima consulenza gratuita. Chissà che poi non le venga la curiosità di continuare per conoscersi meglio, perchè come dice il proverbio: “da soli si arriva prima, ma insieme… si va più lontano!”
Emma
Buongiorno Dotoressa, articolo molto interessante, mi sono ritrovata in tutto ciò che ha scritto.
Due anni fa mi sono trasferita all’estero con il mio fidanzato, perché ha trovato lavoro qui.
Nonostante siano passati 2 anni, non credo di aver ancora accettato l’essermi trasferita, sento che questo non è il mio posto e provo un senso di smarrimento, perché non so bene cosa stia facendo qui e quale sia la mia strada.
Ho un senso di malessere e nostalgia che mi accompagna ogni giorno e credo che questo abbia inciso negativamente anche nella relazione con il mio ragazzo. Mi faccio domande che prima non mi facevo e dubbi che non avevo, ora mi tormentano.
Mi sento sola, in un posto che non mi appartiene.
marina arrivas
Cara Emma, la sua situazione appartiene a molte donne (in questa tipologia di espatrio il genere femminile é prevalente) che lasciano il posto in cui vivevano per seguire il proprio compagno che ha trovato lavoro all’estero. E’ evidente che in questo caso la motivazione all’espatrio é di tipo affettivo-relazionale piuttosto che di lavoro. Non conosco la sua storia personale ma, da altre percorsi migratori simili al suo, le posso dire che, molto probabilmente, questo tipo di espatrio le ha tolto l’identità che aveva prima di partire. Tocca ora a lei trovare la maniera di costruirsi una nuova identità. L’identità non é mai qualcosa di statico, é in continua evoluzione. La sfida che si trova ad affrontare é proprio quella di riuscire a costruire una nuova Emma. Parta da ciò che le piace, da ciò che avrebbe voluto fare in Italia e non é riuscita a realizzare, dai suoi interessi e dalle sue passioni, da un sogno nel cassetto che vorrebbe realizzare. Condivida questo stato d’animo con il suo compagno che magari potrà sostenerla in questo periodo difficile della sua vita. La nostalgia accompagna sempre l’expat, ma non permetta che essa prenda il sopravvento. Abbia lo sguardo orientato verso nuovi orizzonti, non solo verso ciò che ha lasciato. Buona vita!