La ricerca di un’equa redistribuzione appartiene alla natura umana ed è biologicamente, culturalmente e psicologicamente radicata. Tuttavia, la vendetta raramente viene percepita come giusta e riequilibrante. Le vittime tendono a vedere la trasgressione subita più dolorosa e dannosa rispetto a quella che potrebbero infliggere al trasgressore. D’altro canto, il colpevole riterrà che la reazione della vittima sia maggiore rispetto al danno inizialmente compiuto, e ciò alimenterà un circolo vizioso di ripicche e rivalse.
Un fattore significativo che può aiutare a far fronte in maniera adattiva alle inevitabili fratture relazionali quotidiane è la capacità di perdonare. L’inclinazione a perdonare ha importanti implicazioni non solo per il benessere delle relazioni, ma anche per il benessere personale.
Perdonare non significa scusare, condonare, dimenticare, negare il torto subito: consiste invece nel modificare l’emozione legata alla trasgressione e al trasgressore.
Il processo del perdono consiste in una riconsiderazione in termini più positivi del “colpevole”, che sarà giudicato non più come essere spregevole e maligno ma piuttosto un essere umano fallibile e limitato, al pari di sé stessi. Questo modo di vedere le cose potrebbe far realizzare alla vittima che anch’essa in passato potrebbe, a sua volta, essersi resa responsabile di atti ingiusti e bisognosa di ricevere il perdono.
Per gli psicologi sociali il perdono è una forma di atteggiamento pro-sociale al pari di cooperazione, altruismo e disponibilità, in cui si attiva la capacità di astenersi da comportamenti distruttivi per la relazione (anche se protettivi per se stessi o pseudo riparatori) in vista di un successivo benessere relazionale.
Perdonare non significa necessariamente riconciliarsi. Ma la riconciliazione non può verificarsi senza perdono. In altre parole, perdonare è una condizione necessaria, ma non sufficiente affinché la riconciliazione tra vittima ed offensore possa avvenire.
La ricerca in psicologia ha esplorato ed identificato diverse variabili individuali e sociali da cui dipenderebbe la tendenza al perdono. Esse riguardano: lo sviluppo della capacità di perdonare lungo l’arco di vita, i tratti di personalità correlati maggiormente al perdono, i fattori sociali che influenzano la messa in atto di tale comportamento e la relazione tra perdono, salute e benessere.
La maggior parte della ricerca evidenzia una connessione tra aumento dell’età e propensione al perdono. I soggetti più anziani sono più inclini a perdonare diversi tipi di trasgressioni e offese, rispetto agli adulti, così come gli adulti risultano più predisposti dei giovani adolescenti. Questo fenomeno risulta legato agli stadi di sviluppo cognitivo e morale di Kolhberg, per cui inizialmente il perdono è concesso solo dopo una punizione e/o riparazione di un danno, e solo successivamente diviene un processo indipendente e sottostante alla sola visione di una società armoniosa e di amore incondizionato.
Per quanto riguarda i tratti individuali, i soggetti più ansiosi, narcisisti, depressi ed ostili risultano meno inclini al perdono. La predisposizione alla ruminazione, ossia al farsi trascinare da pensieri, immagini ed emozioni associate al danno ricevuto e alla continua rivisitazione dell’esperienza subita, si associa ad atti aggressivi e vendicativi verso il trasgressore, risultando quindi nociva, sia per gli altri che per sé stessi.
Per contro, i fattori che aumentano la probabilità di mettere in atto risposte di perdono sono soprattutto l’intimità, la fiducia e l’empatia. Nelle relazioni più strette i responsabili di un’offesa sono più disposti a mostrarsi dispiaciuti per quanto hanno commesso, così come le vittime si sentono più invogliate a mettersi nei loro panni ed a perdonarli.
Il modello di Worthington identifica effetti diretti del perdono sulla salute mentale in termini di riduzione dei sentimenti di rivalsa, riduzione della ruminazione e dei pensieri intrusivi che coinvolgono emozioni di risentimento, ostilità, rabbia e paura. Il perdono comporta infatti una modificazione dei sentimenti negativi verso una polarità maggiormente positiva e di accettazione dell’accaduto e dell’offensore.
Ma il perdono promuove la salute mentale anche indirettamente agendo sulle variabili relative al supporto sociale, al funzionamento interpersonale e ai comportamenti salutari.
La capacità di perdonare è inoltre correlata positivamente alla percezione di controllo sull’ambiente e alla riparazione di un senso di potere personale. Quando veniamo offesi, traditi o aggrediti sperimentiamo una perdita di controllo sulla situazione, ma il perdono consentirà di ristabilire il potere. Sappiamo che l’essere umano deve percepire di padroneggiare l’ambiente circostante per sentirsi soddisfatto, sicuro e efficace, e quindi per incrementare il suo benessere. La via che passa dal perdono, alla percezione di controllo personale fino ad arrivare al benessere e alla salute mentale è quindi un processo indiretto ma comunque potente.
Altri fattori che sembrano incidere sulla propensione al perdono sono da attribuire al tempo trascorso da quando si è ricevuta l’offesa, alla gravità del danno subito, al background culturale e ai gruppi sociali d’appartenenza (famiglia, amici, società).
Il processo del perdono sembra passare per diversi elementi, che non devono necessariamente seguire un certo ordine, ma possono essere ripetuti e sperimentati più e più volte prima di giungere allo stadio finale della concessione del perdono.
- Una prima condizione è quella della piena espressione delle emozioni. Dopo aver subito un’ingiustizia o una violenza, i sentimenti di rabbia, tristezza, dolore devono essere sentiti ed espressi in modo pieno e profondo. Si possono elicitare direttamente contro l’offensore o soltanto manifestarli in sfoghi personali.
- La comprensione dell’evento, di cosa sia successo e perché, sono ulteriori step che possono essere affrontati diverse volte prima di riuscire a superare l’accaduto. La spiegazione non deve essere totalmente razionale, ma sembra utile trovare un certo schema in cui inserire l’evento; spesso l’accettazione che sia dovuto al caso è già una cornice sufficiente.
- Il passo finale consiste nella decisione di perdonare, ossia nel decidere di non riprendere più in mano l’evento, di non riferirsi più al passato, di superare l’accaduto e di promettere a sé stessi di smettere con i pensieri, le attenzioni, le ruminazioni riguardo al torto subito.
In psicoterapia, il perdono sembra essere un mezzo efficace per superare il risentimento, l’ansia e il senso di colpa (si parla anche di perdono verso sé stessi, anche se in questi casi si preferisce utilizzare il concetto di accettazione) e valido strumento per il trattamento di particolari gruppi di soggetti, come donne che hanno abortito, individui vittime di abusi sessuali, familiari di alcolisti o di disabili, coppie in crisi o separate, malati terminali.
E’ importante comunque evidenziare che il perdono potrebbe rivelarsi pericoloso in alcune situazioni interpersonali. L’inclinazione al perdono è dannosa quando si sviluppano relazioni amorose con partner abusanti ed aggressivi. In questi contesti, le vittime eccessivamente scusanti tendono a perpetrare la condizione di violenza. Anche il perdono va quindi utilizzato con alcune cautele.